Woody Allen, 5 film del regista più antiamericano del cinema hollywoodiano
Last Updated on 18/02/2022
Cinque film di Woody Allen che ne disegnano la sua concezione dell’io e del mondo. Un incontro-scontro che solo l’immaginazione può conciliare o almeno renderlo così ironico. Parliamo di Crimini e misfatti, Match Point, Hannah e le tre sorelle, La rosa purpurea del Cairo, Midnight in Paris…

Cinque film di Woody Allen che ne disegnano la sua concezione dell’io e del mondo. Un incontro-scontro che solo l’immaginazione può conciliare o almeno renderlo così ironico. Parliamo di Crimini e misfatti, Match Point, Hannah e le tre sorelle, La rosa purpurea del Cairo, Midnight in Paris…
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Crimini e misfatti 1989 con Woody Allen, Martin Landau, Anjelica Huston e Mia Ferrow

Due distinte linee narrative elaborano il piu profondo e raffinato racconto di Allen sul peccato e sulla colpa. Una è quella che vede come protagonista un oculista dell’alta società, Judah Rosenthal (Martin Landau). Il quale, attraverso l’intervento criminale del fratello, si libererà di una minaccia pericolosa: la sua amante Dolores Paley (Anjelica Huston). La morte della donna proteggerà così la sua distinta posizione sociale. L’altra vicenda racconta invece il fallimento esistenziale ed amoroso del documentarista Cliff Stern (Woody Allen). Il quale affronterà la disillusione di un amore non corrisposto, quello della sua collega regista Halley Reed (Mia Farrow), e la consapevolezza di un esistenza senza riscatto perché incompatibile con le sue condizioni.
Sullo sfondo dell’alta borghesia di Manhattan, Allen coniuga il genere comico con quello drammatico. La sua opera è infatti tragica in quanto priva della soluzione risolutiva che genera la conquista del senso. Il film guarda quindi dritto nel vuoto dell’assenza, cioè la mancanza finale di quel senso, di un lieto fine. L’omicidio rimane impunito, la colpa inconsistente e fugace, il fallimento persiste come condizione immobile dell’essere. Infine, alla radice della disillusione umana, Dio è assente.
Match point (2005) con Scarlett Johansson, Jonathan Rhys Meyers e Emily Mortimer

Dopo criminali e misfatti con M.P. Allen porta di nuovo in scena il tema della colpa, privando di coscienza umana il suo protagonista. Chris (J.R Meyers), un ex giocatore di tennis, sarà il nuovo soggetto che di fronte alle avversità del destino, o meglio delle conseguenze delle sue azioni, sarà pronto all’atto criminale più estremo: l’omicidio. È l’amante Nola (Scarlett Johansson), come per il rabbino borghese, la causa che lo spingerà ad armarsi per uccidere, in difesa della sua serenità esistenziale e della pace di un matrimonio comodo. Minacciato questo infatti dall’attesa di un figlio da lei. Allen attraverso il genere thriller approfondisce uno stile nuovo. Cioè quello che osserva in maniera cinica e distaccata gli eventi della vita, incorniciandoli in un quadro di realtà inquinata dalla natura predominante degli istinti, un’immagine non più comica.
Il mondo che osserva è quello inglese ma, allo stesso modo di quello di Manhattan, è spogliato dalla presenza di Dio, e con essa dal valore della giustizia. La casualità regna all’interno di un sistema il cui funzionamento rispetta le regole dei numeri, della loro interazione matematica più che del libero arbitrio dei personaggi. La negazione della capacità umana di interagire consapevolmente con il reale, cioè di trasformarlo a suo gradimento, resta l’elemento più tragicamente comico. Tuttavia, se pur seguendo un piano incomprensibile, il caos domina la visione dell’esistenza sostituendosi all’idea stessa di Dio.
Hannah e le tre sorelle (1986) con Woody Allen, Mia Farrow e Dianne Wieste e Michael Caine

Sviluppato secondo tre linee narrative parallele, Allen con il suo capolavoro corale porta in scena il racconto della quotidianità. È attraverso l’analisi dei rapporti umani all’interno della famiglia che Allen studia i temi alla sua poetica più cari: L’amore, la felicità e la conoscenza del sé intesi come i valori nascosti e forse dimenticati dalla società contemporanea. Nel mondo di Allen la frattura messa in scena è quella che spezza l’equilibro tra la dimensione dell’io, i suoi tempi e i suoi spazi, e quella del reale.
L’uomo è così isolato e decentralizzato al punto da perdere la sua posizione nel mondo, la forza della sua individualità. I soggetti diventano così parte di un tutto aritmico, sbandato cioè dalla imprevedibilità del sentimento umano all’interno della realtà dei rapporti. Allen, in questo risiede l’elemento drammatico, non offre quindi una visione di equilibrio ma ne celebra, in maniera comica, la sua totale perdita. Golden Globe come migliore commedia e tre premi Oscar.
La rosa purpurea del Cairo (1985) con Jeff Daniels, Mia Farrow e Danny Aiello

Attraverso l’espediente metacinematografico, Allen con “La rose purpurea del Cairo” elabora una duplice azione d’analisi: Infatti quella riferita al rapporto tra realtà e rappresentazione apre il sipario ad un livello più profondo. Cioè quello della realizzazione del desiderio. Entrambi i personaggi infatti desiderano altro da quello che hanno. Cecilia (Mia Farrow) che va al cinema, lo fa per evadere dal peso della sua realtà. La donna vede sempre la stessa proiezione al punto da trasformarla in realtà e con essa la soddisfazione dei suoi bisogni.
Bisogno che, qui risiede l’originalità preziosa dell’opera, nutre anche il protagonista del film (Jeff Daniels),” la rosa purpurea del Cairo”, proiettato al cinema. Il personaggio esce dal ruolo predestinato ed immobile del suo film per entrare in reale contatto con la donna. Il movimento dei due personaggi quindi se pur inverso giunge alla medesima destinazione; la fuga dal proprio contesto esistenziale come unica via di ritorno alla gioia, alla materializzazione impossibile dei desideri rimossi più intimi. Allen non crea una storia d’amore, ma il suo sogno
Midnight in Paris (2011) Con Owen Wilson, Rachel McAdams e Kathy Bates

Woody Allen con “Midnight in Paris” ripara con il ricorso dell’immaginario la frattura tra il tempo e gli spazi dell’io con quelli del reale. Gil (Owen Wilson) è lo sceneggiatore di successo americano che spinto dal desiderio di perdersi, quindi di ritirarsi dalla sua realtà, sogna. Lo fa a Parigi, nella città che lo cattura lontano dalla cultura americana. Lo fa quando incontra ogni notte a mezzanotte, tra le strade appena illuminate dalla magia dell’incanto, i poeti e gli artisti degli anni 20.
È il simbolo di una gloria storica a connetterli con Gil: una Bentley. Con loro parla, conosce Hemingway, F. S. Fitzgerald, Bunuel, Man Ray, Picasso, Dalì. Gil compie quindi la sua fuga romantica, lascia la casa per ritirarsi in un altro spazio ma non fisico, non americano. Una dimensione in cui poter ristabilire la propria identità se pur al costo dell’illusione.
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Classe 1996 , laureato presso la facoltà di lettere e filosofia. Il mio interesse per l’arte, declinata nella forma dell’immagine, ha suscitato in me il desiderio di osservarla e amarla attraverso una continua ricerca e analisi delle sue forme e significati. Influenzato dalla magia del rito teatrale ricerco nel cinema quella stessa capacità di trasportare lo sguardo dello spettatore aldilà della rappresentazione.