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Oscar italiani – Ladri di biciclette, il cinema di Vittorio De Sica conquista il mondo

Last Updated on 04/07/2020

Il film Ladri di biciclette, manifesto del Neorealismo, ha saputo parlare al popolo attraverso il popolo. Vincitore dell’Oscar come miglior film straniero nel 1950, consacra il suo successo all’estero ancor prima che nel suo paese di origine.

La firma autoriale di Vittorio De Sica lascia il suo indelebile segno nella storia del cinema mondiale.“Ladri di biciclette”, film del 1948 che omaggia la storia del cinema ed in particolare quello di Charlie Chaplin, vince il premio Oscar come miglior film straniero nel 1950. Il fiorente panorama cinematografico estero incornicia quindi il capolavoro di De Sica nella preziosa teca della cultura. Tuttavia per paradosso di superficiale ignoranza alla sua uscita in Italia fu attaccato e ciecamente criticato sul fronte politico e sociale. L’impreparato popolo italiano di allora prenderà coscienza del valore dell’opera solo in seguito all’Oscar vinto e alla sua “esposizione” all’interno dell’orizzonte teorico-cinematografico francese. Da dove deriva la classificazione del cinema di Vittorio De Sica, Roberto Rossellini e Luchino Visconti nei termini di neorealismo.

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La verità e il dispositivo cinematografico

Il desiderio di raccontare la verità è il principio strutturale del cinema di De Sica. Con “Ladri di biciclette” assistiamo ad un racconto che lo rispetta integramente e lo esalta attraverso la trasformazione del dispositivo cinematografico in una finestra sulla realtà del mondo. Tutto appare nello schermo privo di artificio. Gli stessi attori protagonisti, rigorosamente non professionisti, dalla strada tornano alla strada. Il set scompare quindi nell’ombra della realtà. Grazie alla magica dote professionale di De Sica i non attori conquistano la scena conferendole la profondità della natura umana.

“… Nella semplicità della disgrazia.”

Ecco allora come dal rapporto tra un figlio e un padre, Bruno Ricci (Enzo Staiola) e Antonio (Lamberto Maggiorani), prende vita un racconto di autentica miseria in cui il dramma si consuma nella semplicità della disgrazia. Sono le caotiche e assenti strade del centro di Roma il teatro della loro esistenza. La quale affida la sua sorte alla sola ed immortale speranza, alimentando il desiderio nell’uomo di combattere contro le spietate regole della società. Tuttavia per quanto il nostro eroe cerchi di fuggire dal destino della sua classe sociale non trova e non troverà il meritato spazio della realizzazione personale e famigliare. In un Italia fatta di superficiali compromessi e ingiustizie sociali Antonio è il simbolo di una lotta combattuta e persa in solitudine. È il fallimento dell’uomo e del padre.

Il ritorno del dialogo tra cuore e pietà

L’invisibile occhio della cinepresa respira l’azione drammatica senza porsi al di sopra di essa, così che lo spettatore non assiste più al dramma ma ne fa concreta esperienza. Da qui la pietà, il sentimento umano più nobile e dimenticato, invade con distruttiva grazia lo spazio dei nostri cuori. Vittorio esalta le potenzialità comunicative del cinema grazie anche alla potenza espressiva di una fotografia che fonde il reale con il simbolo. Offre quindi al mondo un opera maestra della conoscenza, un’opera fatta dal popolo per il popolo.

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